Diego Poloniato, il poeta della ceramica di Nove
Diego Poloniato è un maestro ceramista cresciuto a Nove (Vicenza), centro di eccellenza per la tradizione ceramica.
È specializzato nella creazione dei tipici “cuchi” e “arcicuchi” veneti, sculture “fischianti” in terracotta di diverse dimensioni, dalle forme svariate e curiose; ma realizza anche soprammobili e sculture in argilla, padroneggiando diverse tecniche di modellazione e colorazione, dagli ossidi agli ingobbi, sfruttando anche le sfumature della terra.
Il suo stile è davvero inconfondibile, fantasioso, fiabesco e originale, molto poetico, giocoso e a tratti venato di ironia; con le sue mani Diego dà vita galletti, ussari a cavallo, pagliacci, pinocchi ed altri animali, anche combinati in complesse scene epiche, realizzate con grande maestria e virtuosismo..
Nel 2020 ha ottenuto il riconoscimento “MAM – Maestro d’Arte e Mestiere” della Fondazione Cologni.
Come e perché ha cominciato a dedicarsi alla ceramica?
Sono nato in una famiglia dove quasi tutti lavoravano la ceramica: il papà, la mamma, gli zii e i cugini; perciò è un materiale da sempre presente nella mia vita. Fin da piccolo guardavo curioso mio padre che creava dall’argilla e dai semirefrattari sculture minuscole o imponenti, e provavo a imitare i suoi gesti. Amavo stare accanto a lui e cercare di imparare il più possibile, mentre mi raccontava le storie di un tempo, della sua vita di stenti da fanciullo durante la guerra. Diventò insegnante di formatura ceramica presso l’Istituto Statale d’Arte di Nove, la scuola che ho frequentato per i tre anni del corso professionale, con l’imbarazzo adolescenziale di avere il padre come docente di laboratorio.
Al termine del corso di studi ho lavorato in una fabbrica che produceva sculture di arredamento per circa quattro anni, dopodiché ho deciso che i tempi erano maturi per aprire il mio laboratorio artigiano. Mio padre continuò ad insegnarmi i segreti del suo mestiere, mentre io cercavo la mia identità di ceramista.
Nove è un importante centro di produzione ceramica. Che importanza ha avuto per la tua carriera di ceramista il legame con il territorio?
Il legame con il territorio è, ed è sempre stato, fondamentale per la mia crescita professionale e artistica: mi ha dato l’opportunità di entrare in contatto con l’antica tradizione, e allo stesso tempo di confrontarmi con innovazioni stilistiche, tecnologiche e materiche. Crescere in un paese con una fervente creatività e laboriosità mi ha fornito lo stimolo e le conoscenze per evolvere nel mio stile personale, differenziandomi dagli altri ceramisti.
Sei specializzato nella realizzazione dei tipici “cuchi” e “arcicuchi” veneti, fischietti in terracotta dalle forme curiose. Come nasce questa passione e quali sono i segreti di questi manufatti così particolari?
Nel 1961 il direttore del Museo Civico di Vicenza, il dottor Gino Barioli, invitò vari insegnanti e studenti di ceramica della zona a realizzare degli “arcicuchi”, sculture fischianti di grandi dimensioni. In quell’occasione il “soldato napoleonico arcicuco” di mio padre fu acquistato dal Museo, ed è tuttora esposto nella sezione ceramica. A partire da quella scultura satirica, iniziò una rivisitazione artistica e moderna del fischietto bitonale in terracotta, fino ad allora un semplice giocattolo da regalare ai bambini alle sagre di paese, o come pegno d’amore all’amata.
Nella mia infanzia ho visto creare innumerevoli arcicuchi, diversi nelle dimensioni e nelle forme, e ad essi mi sono ispirato, cercando sempre linee, materiali e soggetti più consoni a esprimere la mia personalità e il mio stile. Creo cavalieri a cavallo, o a cavalcioni su tori e galli; giostre, pannelli ad alto rilievo, alberi della vita, Don Chisciotte e Sancho Panza, pinocchi, pagliacci, carabinieri e animali di ogni specie e forma. Il vero segreto nella realizzazione di questi manufatti è nel seguire il proprio estro creativo, dando spazio alla fantasia con soggetti caricaturali e fiabeschi.
Qual è la tua tecnica di lavorazione prediletta e in cosa consiste?
Per diversi anni ho creato il modello in argilla di oggetti richiesti dalle fabbriche di ceramica della zona, dal quale poi veniva creato lo stampo in gesso per la produzione in serie. In quegli anni dedicavo il mio tempo libero a creare i miei cuchi e arcicuchi, sperimentando tecniche, materiali e forme. I refrattari e i semirefrattari sono i miei materiali preferiti per la resa e la plasticità. Amo preparare da solo le tonalità dei semirefrattari che mi servono per ottenere un insieme policromo armonioso.
Utilizzare semirefrattari policromi richiede tecnica e pazienza: si procede aggiungendo pezzetto su pezzetto, prestando attenzione a non contaminare tra loro i colori. I miei pezzi sono eseguiti completamente a mano senza l’utilizzo di forme in gesso, vengono cotti ad alta temperatura e rifiniti con ingobbi o ossidi puri a crudo.
Il tuo stile è davvero unico. Dove trovi l’ispirazione?
Per i soggetti che creo mi ispiro a favole, leggende, storie popolari locali, con delicata ironia. Riescono a strappare sorrisi e a portare allegria alle persone quando li osservano.
Quante ore di lavoro richiede la realizzazione di un suo pezzo e qual è il procedimento?
I miei lavori richiedono tempi molto diversi di realizzazione, a seconda della grandezza e del livello di rifinitura che desidero dare alla scultura. Non conteggio mai le ore dedicate, mi fermo solamente quando ho ottenuto il risultato che avevo in mente.
Inizio creando la base vuota, su cui poi procedo a costruire il soggetto che ho immaginato per aggiunta di materiale.
Organizzi anche corsi nel tuo laboratorio? O altre iniziative per promuovere questa arte?
Non organizzo corsi nel mio laboratorio, ma spesso effettuo dimostrazioni dal vivo di lavorazione ai vari eventi a cui partecipo. Per il Museo Civico di Nove, ho realizzato un video dimostrativo con la curatrice Elena Agosti, per insegnare a costruire un cuco. Altre riprese video della mia lavorazione sono state realizzate da Geo&Geo, regione Veneto, alcune università e la Volksbank, per promuovere l’artigianato artistico locale in Italia e all’estero e per condurre ricerche su questa tradizione.
I corsi che preferisco sono quelli dedicati ai bambini e ai ragazzi nelle scuole, perché sanno usare fantasia e creatività senza limiti, per il puro gusto di creare, a differenza degli adulti, che spesso hanno aspettative molto alte e sono influenzati da modelli ben precisi.
Nel 2020 hai ottenuto il titolo “MAM – Maestro d’Arte e Mestiere” della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. Com’è stato ricevere questo riconoscimento, dedicato ai grandi maestri dell’artigianato artistico?
Ho vinto numerosi premi nella mia carriera di artigiano, sia per i cuchi sia per le sculture, con grande piacere e soddisfazione. Nessuno di questi eguaglia la gratificazione e l’orgoglio che ho provato nel ricevere questo importantissimo riconoscimento, che non mi sarei mai aspettato. Aver ricevuto un titolo così prestigioso nel 2020, quando l’attività era bloccata dalla pandemia, mi ha dato la forza per continuare a resistere in un momento davvero buio. Sapere di essere un Maestro d’Arte e Mestiere mi spinge a cercare di migliorarmi continuamente per onorare tale gratifica.
Diego Poloniato
Via Astronauti, 3 – Nove (VI)
Tel. 0424 592422
poloniatolab@gmail.com
www.diegopoloniato.it