Alice Corbetta: un’arte che si ispira alla bellezza della natura

Alice Corbetta è un’artigiana-artista e maestra decoratrice nata a Milano, ma vive e lavora a Montespertoli, in provincia di Firenze, cittadina circondata dalle dolci colline della Toscana.
È specializzata in decorazione contemporanea di interni e nella creazione di mobili e complementi d’arredo. Alice interviene direttamente sulle superfici impiegando una gran varietà di tecniche decorative e materiali, soprattutto cemento e resina, per ottenere texture uniche e originali.
Il suo lavoro ha il valore aggiunto dell’unicità sartoriale, e la sua firma è inconfondibile: un’arte basata su una ricerca continua e sulla sua personale sensibilità artistica.

Qual è stato il tuo percorso e come hai iniziato a svolgere questo mestiere?
Dopo gli studi artistici compiuti all’Accademia di Brera a Milano, ho collaborato come designer con alcuni studi di texile design nel territorio comasco, e poi con rinomati studi di architettura.
Sono state esperienze bellissime, ma avvertivo l’esigenza di “sporcarmi le mani” e di avere un rapporto diretto con la materia. La scelta di cambiare vita e il trasferimento in Toscana sono state l’inizio della mia trasformazione in una “maker”, e sono state le opportunità per concentrarmi sulla ricerca che mi ha condotto fino a oggi.

Giovanni Poggi: il sogno di un ragazzo

La storia delle Ceramiche San Giorgio inizia con il sogno di un ragazzo, Giovanni Poggi, che fin da giovanissimo voleva fare ceramica e aprire un’importante fornace.
Decide di farlo nella sua città natale, Albisola, capitale ligure della ceramica con una lunga tradizione artigianale: così, nel 1958, la manifattura San Giorgio apre le sue porte, grazie al sodalizio tra il maestro e i suoi due collaboratori Eliseo Salino e Mario Pastorino.
Sono anni di sperimentazione, ricerca e grandi cambiamenti, dove la cittadina è un vero palcoscenico per l’arte della ceramica e il laboratorio di Giovanni Poggi uno dei protagonisti di questa rivoluzione. Nella fornace hanno lavorato numerosi artisti di fama internazionale, e negli anni si è affermata come un vero punto di riferimento per la ceramica italiana. Oggi, la storia dell’atelier continua con la stessa passione di una volta, nella tradizione e nella continuità.

Quale è la sua storia e quando si è avvicinato al mondo della ceramica?
Fin da bambino ero affascinato dalla ceramica e amavo osservare le pentole che venivano fatte asciugare “en plein air”. Così mi sono avvicinato al mondo dell’arte, e infatti fin da piccolo dicevo a mia madre: “Vorrei diventare ceramista”.
La mia avventura inizia dopo il congedo militare, quando decido di lasciare Albisola per lavorare nella fabbrica di ceramica C.A.S. – Ceramiche Artistiche Santa Margherita Ligure, dove vivo una tappa importante della mia vita. Lì conosco Giuseppe Pinelli, proprietario della manifattura, che fin da subito mi tratta come un figlio.
Dal 1955 al ‘57, alla C.A.S. ho imparato nuove tecniche, mettendo momentaneamente da parte gli insegnamenti della ceramica albisolese e imparando a utilizzare, per la prima volta, gli smalti che anni dopo avrei adoperato alla San Giorgio – applicati a ciotole dai contorni frastagliati che ebbero un grande successo, perché ad Albisola i colori così accesi erano una novità assoluta.

Alla fine del 1957 termino l’esperienza alla C.A.S. e con entusiasmo ritorno a Albisola dove lavoro per alcuni mesi alla F.A.C. – Fabbrica Albisolese Ceramiche. Qui incontro il direttore artistico Eliseo Salino: nasce subito non solo una vera amicizia ma anche un proficuo sodalizio lavorativo con lui e con Mario Pastorino. Dalle nostre discussioni scaturirà il desiderio di aprire una nostra manifattura di ceramica.
Ma il cammino non è semplice. Occorre prima trovare un luogo adatto. Subito i nostri pensieri si rivolgono alla sede della fabbrica Piccone ad Albissola Marina, un’ex fornace di ceramica, ma le trattative non sono semplici perché la proprietaria non vuole affittare i locali a ceramisti. Il padre di Salino però riesce a convincerla, assumendosi la responsabilità dei pagamenti. Abbiamo inaugurato la fornace nel mese di aprile, il giorno di San Giorgio: per questo abbiamo deciso di chiamarla con il nome del santo.

Non di sola arte… vive l’Italia

Diffusione del sapere, tutela del patrimonio e delle tradizioni, innovazione. In Italia le scuole di mestieri d’arte sono numerose. Realtà essenziali per la formazione delle nuove generazioni di maestri d’arte e artigiani, all’insegna del rinnovamento.

L’Italia fucina di Bellezza, museo a cielo aperto: nessun altro territorio al mondo certamente può vantare una tale concentrazione di tesori d’arte straordinari, e su questo si fonda, lo sappiamo, l’intenso fascino e la grande attrattiva del nostro Paese, amatissimo oggetto del desiderio in tutto il mondo. Ma non soltanto: sempre più viene scoperto, apprezzato e amato da chi visita l’Italia, spesso più che dagli stessi italiani, bisogna dirlo, anche il suo ineguagliabile patrimonio di saperi legati all’alto artigianato, che investe tutti i territori della nostra Penisola rendendola una vera miniera di un saper fare magistrale, legato ai territori, alle materie prime, alle tradizioni storiche dei luoghi.

Non è una strada facile, quella del mestiere d’arte,
ma certo una dimensione in cui si ripropone
il ruolo dell’abilità e della perizia,
la forza dell’esperienza, il forte primato dell’individuo,
lo stupore dell’aura, il mistero del bello,
la felicità della competizione.
— Cesare De Michelis

Saverio Pastor, uno degli ultimi testimoni della tradizione dei “remèr”

Saverio Pastor è uno degli ultimi maestri “remèr” di Venezia: un mestiere antico, nato a Venezia molti secoli fa, quando la mobilità per la laguna era completamente a remi.
Un lavoro nobile che oggi rischia di scomparire, perché pochi sono gli artigiani in grado di portare avanti questo prezioso sapere, e ancor meno i giovani che hanno il coraggio di investire molti anni in un lavoro che non ha alcuna garanzia.
Eppure questa tradizione è una vera e propria testimonianza della storia e della cultura veneziana.
Saverio Pastor si forma a fianco di Giuseppe Carli e Gino Fossetta. Nel 2002 apre la sua attività, il laboratorio Le Forcole, specializzato nella costruzione di remi e forcole per gondole veneziane, secondo le tecniche tradizionali risalenti al Rinascimento.

Come ti sei avvicinato al mestiere di Remèr e qual è stato il tuo percorso?
Il 15 giugno del ‘75 ho chiesto al Maestro remèr Bepi Carli se potevo andare a lavorare gratuitamente da lui per l’estate. Mi ha risposto che ero troppo vecchio per imparare ma che avrei potuto andare a guardare. Così ho fatto per 8 ore al giorno, fino a quando si è stancato e mi ha fatto spazzare il laboratorio. Per almeno altri quattro anni ha continuato a ripetermi che ero troppo vecchio per imparare; poi le circostanze mi hanno obbligato a mettermi in proprio.
Oggi sto ancora imparando! Pur essendo il remèr più anziano, ormai. Il mestiere è quello del remèr. Anche se realizzo forcole, non sono solo un forcolaio: il remo è infatti la cosa più importante e difficile da costruire e, per una città come Venezia, ha sempre avuto un ruolo vitale.

Sei uno degli ultimi maestri remèr rimasti. Cosa significa portare avanti un mestiere antico e raro che rischia di scomparire?
Ho sempre sentito l’attrazione verso questo aspetto importante del mio lavoro. Non ero consapevole di essere un testimone e un erede di cultura immateriale, ma ne percepivo il peso, la sostanza.
Acquisita esperienza e solidità nel fare, ho cominciato a curare questi aspetti del mestiere, anche confrontandomi con altri colleghi, soprattutto della cantieristica.

Wellmade partecipa a Bergamo Capitale della Cultura 2023

Alla scoperta del saper fare italiano e dell’artigianato artistico” è un itinerario proposto da Fondazione Cologni e Wellmade tra le botteghe del centro di Bergamo e della provincia: dall’oreficeria alla ceramica, dalla liuteria al mosaico, dalla sartoria all’ebanisteria, tutte presenti sulla piattaforma Wellmade.

L’iniziativa è parte del programma “La città in festa”, le tre giornate inaugurali di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura, coordinato dall’Assessorato alla Cultura di Bergamo con il supporto organizzativo del Teatro Tascabile e realizzato grazie alla sponsorizzazione del Comitato Bergamo Brescia 2023.

Nella giornata di sabato 28 gennaio 2023 quindi, dalle 10 alle 17, gli atelier aderenti all’iniziativa resteranno aperti al pubblico per accogliere visitatori, esperti, turisti, curiosi e appassionati; partecipando così a un evento diffuso per la città, e creando un’occasione di scoperta, conoscenza e scambio. L’iniziativa è pensata per tutti, principalmente adulti, ma anche ragazzi e scuole, mentre il percorso di visita è libero: è possibile recarsi in autonomia direttamente negli atelier per conoscere i maestri artigiani, ammirare i loro prodotti e conoscere i segreti del loro lavoro.

La prenotazione è obbligatoria per gli atelier che si trovano in provincia di Bergamo, mentre per le botteghe del centro città è comunque consigliabile telefonare per fissare un appuntamento.

Anita Cerrato e l’arte di rendere preziosa una ferita

Anita Cerrato è una restauratrice di ceramiche con una grande passione e sensibilità per la cultura e l’estetica giapponese.
Da anni è specializzata nel Kintsugi, una tecnica di riparazione della ceramica che non nasconde le fratture dell’oggetto, ma le esalta impreziosendole: una bellezza imperfetta in grado di ridare vita e significato a qualsiasi oggetto.
Nel suo atelier a Milano realizza oggetti e complementi d’arredo di altissima qualità, con materie prime originali provenienti dal Sol Levante: il vasellame, la preziosa lacca urushi e l’oro marufun.
Quest’anno ha ottenuto il titolo MAM – Maestro d’Arte e Mestiere della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.

Sei una maestra dell’arte del “Kintsugi”. In cosa consiste?
Il Kintsugi è un’antichissima forma di restauro della ceramica.
Secondo la leggenda più accreditata, ebbe origine nel XV secolo d.C., quando Ashikaga Yoshimasa, ottavo shogun di Ashikaga, dopo aver rotto la propria tazza di tè preferita, la inviò in Cina per farla aggiustare. Le riparazioni purtroppo avvenivano con legature metalliche poco estetiche e per niente funzionali. L’oggetto sembrava ormai perduto, ma il suo proprietario provò ad affidarlo ad alcuni artigiani giapponesi che, sorpresi dalla tenacia dello shogun nel voler riavere la sua amata tazza, decisero di provare a trasformarla in un gioiello riempiendo le crepe con resina laccata e polvere d’oro.
Per restaurare i frammenti si usano, tutt’oggi, gli stessi materiali che si utilizzavano in origine: la lacca urushi, la farina, il carbone, la polvere di argilla (tonoko), polveri d’oro e di argento.
A mio avviso il Kintsugi può essere considerato la più antica forma di restauro conservativo perché il danno non solo non viene camuffato, ma addirittura è messo in risalto, evidenziando la storia dell’oggetto.

Itinerari di Wellmade: Vietri sul Mare, un gioiello dell’arte ceramica, tra i colori della terra e del cielo

Gli Itinerari di Wellmade sono realizzati per The Ducker e pubblicati nella sezione “Maestri”, a cura di Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.

Vietri sul Mare, borgo suggestivo della Costiera Amalfitana, porto commerciale e importante crocevia di tradizioni, è una tappa imperdibile per gli amanti del mare ma anche della ceramica.

La storia della ceramica vietrese inizia nel tardo Rinascimento, quando nel borgo erano già attive diverse fabbriche di maiolica, dette “faenzere”. Nei secoli, generazioni di maestri artigiani e grandi artisti hanno contribuito e rendere famosa questa tradizione, che rappresenta oggi una vera e propria garanzia di qualità in tutto il mondo.

Per le coloratissime strade del borgo, ovunque si volge lo sguardo, c’è ceramica: dalla caratteristica cupola della chiesa di San Giovanni Battista, simbolo della città, alle mura tutte maiolicate di case, ville e palazzi; dalla storica fabbrica di ceramiche Solimene alle collezioni di Villa Guariglia; senza dimenticare le botteghe dei maestri artigiani, quasi tutte concentrate sulla via principale del centro, Corso Umberto I.
Proprio in questo via si trova la prima tappa del nostro itinerario di botteghe della ceramica, selezionate da Wellmade, la piattaforma digitale che permette di scoprire i migliori artigiani d’Italia.

Barbini Specchi Veneziani: La spettacolare arte dell’incisione su vetro

La storia della famiglia Barbini nasce e si sviluppa di pari passo con la tradizione degli specchi veneziani, che risale al XVI secolo. Ancora oggi i fratelli Giovanni e Vincenzo Barbini, con il supporto dei figli, eseguono personalmente tutte le fasi della lavorazione, nel rispetto delle tecniche tradizionali.
Nel 2018 hanno ricevuto il titolo MAM – Maestro d’Arte e Mestiere, promosso dalla Fondazione Cologni in collaborazione con Alma. Hanno preso parte a Homo Faber Event 2022 a Venezia, esponendo una specchiera  monumentale in omaggio al Paese del Sol Levante.

Qual è la vostra storia e come nasce “Barbini Specchi Veneziani”?
AAV Barbini Srl è la più antica ditta muranese ancora in attività, per quanto riguarda l’arte degli specchi veneziani. Le sue origini infatti risalgono a molto tempo prima della sua data di fondazione ufficiale, e l’attività è da sempre legata alla nostra famiglia.
I Barbini sono presenti a Murano sin dalla seconda metà del XVI secolo. Nel 1658, per ordine del Consiglio dei Dieci, il nostro nome viene inscritto nel “Libro d’Oro della Magnifica Comunità di Murano”, conosciuto come il libro della nobiltà vetraria dell’isola.
Nel corso dei secoli i membri della famiglia operarono nei vari settori della produzione del vetro artistico, come nella realizzazione di lampadari, nella produzione di perle, conterie e oggettistica varia, specializzandosi in particolare nella fabbricazione di specchi veneziani, contribuendo a dare lustro e qualità alla Serenissima e alla produzione artigianale isolana.
Le notizie più remote, per quanto riguarda l’attività di specchieri svolta dalla nostra famiglia, risalgono dunque al XVII secolo. Nel 1665 alcuni maestri vetrai vennero segretamente condotti in Francia, alla corte di Luigi XIV, per avviare una produzione locale di specchi veneziani. Tra di essi c’è Gerolamo Barbini, maestro specchiaio, il quale collaborò presso la “Manufacture Royale des glaces de miroirs” nel borgo parigino di Saint-Antoine.
Nel corso del XIX secolo quasi tutti i componenti della nostra famiglia lavorarono come maestri “conzadori”, fornendo consulenze alle maggiori fabbriche di Murano.

Doriana Usai, vincitrice del Concorso “Artigiano del Cuore” 2022

Figlia d’arte, maestra artigiana e imprenditrice: la vincitrice della quinta edizione del concorso “Artigiano del Cuore” (2022), racconta la sua storia e il suo bellissimo percorso, dove la tradizione e la cultura sarda sono la più grande fonte di ispirazione.

Complimenti per la vittoria! Come hai vissuto il concorso Artigiano del Cuore?
Grazie per i complimenti. Farò tesoro di questa esperienza come tutte quelle che ho affrontato nel corso della mia carriera: sono momenti di gratificazione, ma anche di grande riflessione.
Il Concorso Artigiano del Cuore l’ho vissuto in totale serenità, perché a differenza di altri concorsi non c’era l’apprensione di una consegna. È stato un momento di grande affetto, da parte di amici cari, clienti e colleghi che mi hanno supportato, apprezzato e aiutato in qualsiasi modo a divulgare il link [della pagina delle votazioni]. Mai mi sarei aspettata tanto calore e tanto supporto. Solo per questo credo di aver conquistato tanta autostima.
Dal momento in cui mi è stato comunicato di essere selezionata come finalista e ho divulgato la notizia ai miei contatti privati e sui social, si è creato un grande circuito di stima e affetto che non avrei mai pensato di ricevere. È stato tutto davvero molto bello e ne sono grata!

Provieni da una famiglia di ceramisti molto conosciuta in Sardegna. Raccontaci quando e perché hai scelto di diventare ceramista e di seguire le orme dei tuoi genitori.
Io rappresento la 5° generazione di una famiglia di artigiani, che prosegue la tradizione dell’arte ceramica di Assemini: le prime notizie risalgono al 1840, anche studi e ricerche recenti da parte di un mio parente storico fanno pensare che questa tradizione sia ancora più lontana, forse risalente addirittura al 1610.
Sono cresciuta in una famiglia dove le tradizioni e il lavoro artigianale erano un valore e un vero stile di vita. Già da piccolina respiravo i profumi del laboratorio paterno e il mio approccio è stato, come per tutti i bambini, quello di fare della ceramica un gioco; crescendo mi sono resa conto che quel gioco poteva essere una reale professione, e mi sono affacciata a questo mondo con la visione di una ragazza adolescente che fantastica sul futuro, dedicando il mio tempo libero a imparare il mestiere.
Durante i miei studi ho sempre cercato di ritagliare del tempo per lavorare in laboratorio, un po’ per aiutare i miei genitori, un po’ per imparare. Ho frequentato il liceo artistico di Cagliari, indirizzo architettura e design, e lì ho cominciato ad appassionarmi a tutto ciò che riguarda la creazione di nuove forme.

Dopo il diploma, a 19 anni, eredito l’attività di mio padre, e comincio quindi a lavorare tutti i giorni in laboratorio, anche con il supporto dei miei genitori.
In parallelo ho frequentato anche la scuola di ceramica di Faenza, Montelupo Fiorentino e Deruta perché la curiosità mi ha sempre spinto a scoprire altre realtà legate al mondo della ceramica.
A 30 anni mi sono iscritta all’università di lettere, indirizzo Design. Con sacrificio, dedizione e desiderio di innovare, ho affrontato questa avventura, senza mai trascurare il laboratorio e la famiglia, che sono sempre stati i miei punti fermi.
Mi laureo nel 2017, con una tesi sulla storia della mia famiglia, confrontando il mio lavoro con quello di mio padre, attraverso uno studio antropologico. È stato uno dei momenti più belli dedicati al mio lavoro. Successivamente, visto che collaboravo con scuole e centri social fin da quando avevo 23 anni, ho deciso di specializzarmi in didattica espressiva e arteterapia, materie che mi stanno molto a cuore.

Artigiano del Cuore 2022: vi presentiamo i 10 finalisti

Sono stati selezionati i 10 finalisti del concorso “Artigiano del Cuore”, indetto da Wellmade e Fondazione Cologni, e giunto quest’anno alla quinta edizione, dedicata alle tradizioni territoriali. Scelti dalla commissione interna alla Fondazione Cologni tra le tante candidature ricevute, i selezionati possono accedere alla fase successiva del contest: ora tocca al pubblico, tramite votazione online direttamente sul sito del concorso (www.artigianodelcuore.it), dal 22 al 30 giugno, decretare il vincitore o la vincitrice, che potrà beneficiare del premio in palio.

I finalisti della V edizione del Concorso Artigiano del Cuore sono:

Peromatto – Antonio Bandini e Giulia Serafini, Stampatori di tessuti – Santa Sofia (FC)
Vanessa Cavallaro, Artigiana del Vetro – Altare (SV)
Attilio Balduzzi, Intagliatore del Legno – Podenzano (PC)
Emanuela Burgener, Orafa – Valenza (AL)
Leonardo Collanega, Vasaio – Marostica (VI)
Gianpaolo Fallani, Stampatore d’Arte – Venezia
Magnani Pescia, Artigiani della Carta – Pescia (PT)
Tessile M&Dusa – Marcella Sanna, Tessitrice – Samugheo (OR)
La Fucina di Efesto – Alessandro Rametta, Scultore del metallo – Milano
Doriana Usai, Ceramista – Assemini (CA)

Fino al 30 giugno alle 18 puoi votare il tuo Artigiano del Cuore direttamente sul sito del Contest, cliccando sul simbolo a forma di cuore accanto al suo nome.
Chi riceverà più voti, avrà diritto al premio in palio. Il vincitore sarà annunciato mercoledì 6 luglio, sul sito ufficiale del concorso (www.artigianodelcuore.it) e sui canali social di Wellmade.
Scopri le storie dei finalisti e vota il tuo preferito!