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Lo spazio danza con me

Fabio Novembre sa maneggiare la materia viva del design con il tatto dello scenografo e l’energia del coreografo, allestendo una flessuosa dialettica fra corpi e luoghi,fra interiorità e materia

Ancora oggi il design è, pur sempre, una giovane disciplina! Lo dimostra il fatto che non ha mai individuato un’area autonoma di ricerca rispetto alla produzione e al consumo e, come giovane disciplina, negli anni ha spesso parassitato aree di ricerca ai confini del suo ambito disciplinare: l’industria bellica nel dopoguerra, l’arte programmata negli anni Sessanta, l’architettura negli anni Cinquanta e Sessanta, l’arredamento dagli anni Trenta a oggi e più recentemente l’artigianato e l’arte applicata. Tra i tanti autori che hanno saputo trasferire particolari esperienze da una disciplina a un’altra, ho sempre pensato di dover indicare Fabio Novembre. Novembre ha saputo portare alcuni contributi al mondo del design trasferendoli dal mondo dell’«arredamento scenografico» di cui è stato più volte protagonista all’inizio della sua attività. Ricordo lo show-room Bisazza a Berlino e Barcellona. L’Hotel Una Vittoria di Firenze, il negozio Tardini a New York, il Café Atlantique a Milano, e tante installazioni che Novembre sviluppa nello spazio con lo stesso spirito e attitudine di un grande scenografo.

Uno scenografo che sa guardare allo spazio con la stessa passione con cui uno stilista cerca di possedere il corpo di una donna per dargli nuova forma, per arricchirlo, per aggiungere un po’ di mistero, fascino, complessità e… ricchezza. C’è sempre, negli ambienti che Novembre definisce, la voglia di «spingere oltre»: rendere lo spazio più ricco e complesso, in una scenografia dove l’architettura si muove, parla, ascolta, si interroga, prendendo diverse movenze anche ardite, come di un corpo che cerca di liberarsi nella danza. «Lo sviluppo di un nastro nello spazio si può leggere come il contorno di un abito di gala mai indossato e come una pellicola sfuggita alla bobina di un film mai visto», spiega l’architetto e designer. Novembre sa quindi leggere nello spazio e lo sa muovere con la disinvoltura di uno sbandieratore! Ma lo spazio è anche il corpo e il corpo è il suo luogo di sperimentazione, convinto come è che «non esista una divisione tra ciò che fai e ciò che sei». Questa convinzione lo ha portato verso nuovi confini di ricerca e sperimentazione dalle prime esperienze ambientali alle opere sul, e per il, corpo. Se per molti decenni il mondo del design si è sempre espresso attraverso elementi razionali e astratti, con Novembre ritroviamo tutto il filone del percorso irrazionale (Surrealismo, Dadaismo, Internazionale Situazionista, per una Bauhaus immaginista, Architettura radicale, Adochismo, Neoeclettismo) che ci ripropone in tutta la sua ricchezza il complesso rapporto con le forme antropomorfe.

Installazioni scenografiche, recupero del corpo ma anche desiderio di caricare di concetti il proprio lavoro. Sembra proprio che l’amore sia la chiave concettuale ma anche emozionale che Novembre usa per dare senso alle sue opere. Amore ma non solo: anche acqua, gravità, caos, ordine, città, persone, Venere… categorie capaci di esaltare un ambiente, un oggetto, un allestimento. Così Fabio Novembre si colloca nel mondo del design come un trascinatore pieno di energie e, a soli quarant’anni, sembra già identificarsi nella figura di maestro: cerca di sottolineare tutte le sue esperienze progettuali e le sue conoscenze personali spettacolarizzandole, riesce con grande capacità ad apparire, e quindi a essere, con tutti gli strumenti disponibili: mostre, pubblicazioni, articoli sulle riviste più importanti. All’inizio ho voluto citare la «scenografia» perché questa disciplina, che ha sempre esaltato, modificato, caratterizzato l’ambiente, credo sia la chiave per leggere il lavoro di Novembre: esaltato ed esaltante come una messa in scena, dove lui è contemporaneamente attore, spettatore, regista ma soprattutto scenografo.

Mestieri d'Arte n.7, Arts & Crafts & Design n.3
http://mestieridarte.it/mda/